Rudolf Steiner, vita


La pedagogia curativa

L'educazione terapeutica

L'impegno a livello mondiale della pedagogia Waldorf per le persone con handicap trova una spiegazione nella convinzione spirituale che vede nella vita di queste persone un senso profondo.
L'incontro con una persona con handicap fa per lo più una profonda impressione: che senso ha una vita di questo tipo? Ciascuno di noi può percepire in sé stesso delle unilateralità e delle mancanze di talenti che rendono più difficile la vita.
Carenze di questo tipo possono comportarci notevoli stress e familiarizzarci con l'esperienza del dover chiedere aiuto.
Da questo punto di vista ha valore ogni biografia in cui si intraveda un'evoluzione dell'individuo. Le forze che ci permettono di sopportare o superare l'handicap sono di natura spirituale: ad esse la pedagogia terapeutica deve rivolgersi in modo costruttivo e attento per far sì che, pur in presenza di condizioni invalidanti, tale evoluzione possa aver luogo.

Le persone portatrici di un cosiddetto handicap mentale colpiscono in modo particolare, sia per il loro aspetto che per il loro comportamento. Esse si differenziano da quello che è considerato, per la società, un "individuo normale". Questa diversità può inquietare una persona non preparata, inducendola o ad interessarsi attivamente di queste persone o a rifiutarle. In epoche diverse si è reagito in modo diverso a questa sfida inquietante: un tempo si praticava l'abbandono di questi sfortunati in regioni di montagna inospitali o su isole disabitate e sulle cosiddette "navi dei folli"; in seguito, ne abbiamo preso le distanze attraverso la classificazione e la catalogazione scientifica ed obiettiva di quadri clinici, un metodo che permette di evitare abbastanza facilmente il contatto con gli individui dietro i quadri stessi.
Da alcuni anni ci si sta sforzando sempre più di superare questa distanza in modo cosciente, attraverso l'integrazione del portatore di handicap nella società.
Il problema è che una normalizzazione non è sempre attuabile, e non è sempre sensata. Quindi, la domanda che ci poniamo al giorno d'oggi è questa: è possibile realizzare un'integrazione, una convivenza, tra persone con e senza handicap, valorizzando le particolari condizioni di vita, le possibilità e i limiti di ciascuno? E' possibile l'integrazione attraverso l'individualizzazione?
Nel 1924, Rudolf Steiner ha formulato un approccio ancor oggi attuale - anzi, "futuribile"- al problema, coniando il termine "bambini bisognosi di cure spirituali". Una visuale "difettologica", tale cioè da mettere in luce ciò che la persona colpita non può fare, veniva superata a favore di un concetto che evidenziava ciò di cui la persona aveva bisogno: la cura spirituale. Con ciò non si voleva far sparire l'handicap come in un trucco da illusionista, ma facilitare l'intuizione terapeutica attraverso l'osservazione amorevole, accurata e interessata dei sintomi (diagnosi).

E' un'esperienza che sempre si ripete quella di vedere come anche nei casi di handicap gravi lo spirito non è veramente menomato, ma il corpo messo a disposizione dell'individuo come strumento di espressione non gli permette di mettersi in relazione con l'ambiente e parteciparvi in modo normale e armonico. Compito della pedagogia terapeutica antroposofica è quello di lavorare, in una forma di intimo dialogo, assieme con la persona bisognosa di cure spirituali, al superamento, parziale, dell'handicap.
La conoscenza che la salute corrisponde all'equilibrio tra corpo, anima e spirito, un equilibrio che deve essere continuamente ripristinato, rende comprensibile la vicinanza, a prima vista inusuale, tra pedagogia terapeutica e medicina. Tra l'altro, il valore della pedagogia evolutiva come terapia preventiva viene riconosciuto sempre più chiaramente.
La pedagogia terapeutica e la socioterapia vengono praticate, con questi fondamenti, in più di 320 istituzioni di 24 Paesi. Inoltre si attribuisce un grande valore al lavoro terapeutico comune tra pedagogo-terapeuta, bambino e genitori.
Oltre a coinvolgere la famiglia e la scuola e praticare numerose terapie individuali, si tende a trasformare l'intera comunità in ambiente terapeutico in modo che questa agisca, scandendo i ritmi dei giorni, delle settimane e dell'anno, in modo stabilizzante su persone che spesso si trovano in difficoltà con lo spazio ed il tempo.
I bambini bisognosi di cure spirituali sono particolarmente ricettivi all'educazione steineriana, che in sé può già dimostrarsi educazione terapeutica, mentre i procedimenti che fanno leva in modo unilaterale sulle capacità cognitive mettono continuamente il bambino di fronte a ciò che non sa.
Elementi come la musica, l'ora di racconto, le feste celebrate in comune lungo l'arco dell'anno contribuiscono a far nascere una comunità nella cui cerchia il singolo può meglio recepire e sperimentare gli stimoli qualitativi e quantitativi. Questo crea l'equilibrio necessario con le misure terapeutiche individuali. Ad esempio, il lavoro in officina ha carattere terapeutico ed è contemporaneamente, per molti giovani, una preparazione per una futura attività lavorativa.
Johannes Denger

La nascita della pedagogia curativa

Nella sua autobiografia, "La mia vita", Rudolf Steiner riporta la storia di un ragazzo idrocefalo, che egli aveva istruito ed educato come precettore durante gli anni universitari a Vienna. Quando iniziarono le lezioni, che proseguirono per 6 anni, l'alunno aveva 10 anni e Rudolf Steiner 23.
Quest'incarico educativo ebbe delle conseguenze molto benefiche non soltanto per l'alunno, ma anche per l'insegnante, perché egli seppe raccogliere da un caso estremo ma altamente significativo nuove esperienze sul legame tra lo spirituale-animico e il corporeo nell'uomo.

Rudolf Steiner aveva iniziato quest'attività pedagogica nel 1884; nel 1917, quindi 33 anni più tardi, pubblicò nel suo libro, "Enigmi dell'anima", la sua teoria sulla tripartizione dell'organismo umano, che descrive in modo fondamentale le relazioni tra lo spirituale-animico e il corporeo nell'uomo. Rudolf Steiner spiega come i pensieri, che lo portarono in seguito all'elaborazione dell'idea della tripartizione dell'organismo umano, li aveva maturati dentro di sé per 30 anni, cioè fin dai tempi della sua attività pedagogica.
Un problema, di cui l'umanità si era occupata da millenni, trovò la sua soluzione in un'idea che risaliva, in parte, a convinzioni e principi raccolti nell'educazione di un ragazzo anormale. Questo ragazzo fu guarito completamente e fu in grado di affrontare più tardi il suo compito svolgendo la professione medica.

Rudolf Steiner era convinto che il ragazzo di 10 anni, la cui educazione gli era stata affidata, avesse grandi capacità spirituali. Ma erano ancora del tutto latenti e non si sarebbero mai rivelate senza l'applicazione di questi nuovi metodi di educazione e di trattamento.
In un primo momento questi suoi talenti non erano percepibili. Sembrava così abnorme, in senso corporeo e psichico, che i genitori erano incerti che lo si potesse educare. Avevano tentato di inserirlo in una delle prime classi della scuola elementare ma non riuscì a sostenere l'esame di ammissione, perché era stato capace soltanto di fare un grosso buco nel quaderno usando la sua gomma per cancellare.
Per la riuscita di un tale trattamento, come nel caso di questo bambino, bisognava prima creare i giusti presupposti.
Ai genitori Rudolf Steiner propose che gli fosse affidato non solo l'insegnamento, ma anche l'educazione. La fiducia, che soprattutto la madre sentiva per questo universitario ventitreenne, le fece accettare questa proposta, creando una delle basi necessarie.
Senza un tale clima di fiducia nell'ambiente genitoriale l'effetto di un qualsiasi provvedimento pedagogico o pedagogico curativo sarebbe sempre a rischio.
Un secondo presupposto Rudolf Steiner lo descrive in questo modo: "Ben presto il ragazzo sviluppò un grande affetto nei miei confronti, al punto tale che la mia mera presenza fece destare in lui le capacità animiche non ancora risvegliate." Nell'amore il bambino si apre agli influssi curativi, che provengono dal suo educatore.
E il terzo presupposto si trova nel metodo d'insegnamento e nei provvedimenti del trattamento creati liberamente sulla base delle esigenze pedagogiche e pedagogiche curative: "Per l'insegnamento dovevo sviluppare metodi peculiari. Ogni volta che la durata decisa per la lezione veniva superata, anche solo di 15 minuti, si provocava un affaticamento del suo stato di salute. Dovevo attenermi scrupolosamente a un principio di economia. Spesso ci volevano ben due ore per preparare una lezione di mezz'ora, poiché ogni materia andava presentata in modo tale da raggiungere un massimo d'efficienza del ragazzo nel minor tempo possibile e con il minimo d'impegno delle sue forze spirituali e corporee. Dovevo ponderare molto bene la successione delle singole materie scolastiche e tutta la ripartizione della giornata doveva essere strutturata adeguatamente."
Insieme ai rimedi pedagogici, Rudolf Steiner sviluppò una terapia cinetica, che nel suo "Corso di pedagogia terapeutica" fu solo accennata. "Il tutto si basava sull'afferrare in modo deciso il movimento delle membra, così l'idrocefalo scomparve. La testa è diventata più piccola e questo è un indizio che è possibile avere un risultato ."

Rudolf Steiner scoprì le radici più profonde dell'essere umano idrocefalo durante il corso di pedagogia curativa, quando affrontò per la terza e ultima volta questo problema. Presentò un ragazzo di un anno appena attirando l'attenzione sul fatto che il bambino aveva conservato i principi costitutivi della crescita nella loro fase embrionale. Il rapporto tra la testa gigantesca di un bambino idrocefalico e la corporeità rimasta troppo piccola corrisponde alle proporzioni della vita embrionale. Rudolf Steiner spiegò, che in tutti i bambini nei primi mesi dopo la nascita, l'orientamento della vita embrionale va ancora avanti: una peculiarità dello sviluppo umano che più tardi Portmann - ma sulla base di altri presupposti - chiamò "l'anno precoce extra-uterino".

Verso la fine della sua vita questo ricercatore dello spirito, riuscì, grazie all'osservazione del bambino piccolo, il cui destino è legato agli inizi della pedagogia curativa antroposofica, a leggere i principi che regolano il mondo e la vita. Raccolse conoscenze che non valsero solo per questo bambino, non solo per il problema dell'idrocefalia in generale, bensì per tutto un complesso di disturbi nello sviluppo infantile.

Tratto da "Bambini bisognosi di cure dell'anima? di Walter Holtzapfel" ed. Il Capitello del Sole