Lo Steiner che il lettore troverà in queste pagine è il figlio di un ferroviere che poté studiare solo grazie alle borse di studio, che non si ancorò a una professione riconosciuta e redditizia.
Ricco di interesse per tutto e per tutti, riuscì a dire la sua quasi solo nell’ultimo terzo della sua esistenza.
Steiner fu uno scienziato che si batté tutta la vita contro il riduzionismo scientifico dominante ai suoi tempi, e propugnò per le cosiddette scienze spirituali un metodo di ricerca non meno rigoroso di quello delle scienze fisiche e naturali. La sua “scienza dello spirito” voleva ampliare, non negare, i risultati conseguiti da quelle scienze, per le quali nutrì sempre un competente e profondo rispetto.
Apprezzato quale precocissimo goetheanista, e letto con qualche attenzione anche quale giovane filosofo, andò incontro a critiche, incomprensioni e maldicenze quando cominciò a parlare dello spirito non in termini di fede o di opinione personale, ma col rigore dello scienziato.
Confinato ben presto fra gli spiritisti, che avevano imperversato nella seconda metà dell’Ottocento, perse da un giorno all’altro la rispettabilità culturale che si era conquistata con un lavoro ventennale. Da quel momento, cioè da quando iniziò il suo maturo insegnamento spirituale, i suoi interlocutori furono o ascoltatori incantati e devoti, oppure critici spietati e pieni di pregiudizi.