Matthias Grünewald è uno dei massimi artisti tedeschi del Rinascimento.
Ma ormai lo si deve considerare a livello europeo non inferiore a Rembrandt.
Lo stile originale di questo contemporaneo di Dürer e di Holbein, autore del Polittico di Isenheim e disegnatore prodigioso, fa di lui un "visionario", le cui composizioni affascineranno gli espressionisti.
Le ultime scoperte biografiche permettono di mettere meglio in luce la personalità ancora misteriosa di questo artista che era insieme ingegnere minerario e progettista di fontane, oltre che pittore. In mancanza di prove archivistiche sui suoi eventuali spostamenti, i debiti stilistici e i prestiti iconografici permettono di individuare un dialogo affascinante con le opere di Mantegna e, forse, con l'arte di Leonardo da Vinci, accostamento che sarà oggetto di discussione.
Questa originalità e la consapevolezza che ne hanno avuto assai presto i contemporanei costituiscono l'oggetto di un ampio capitolo, parallelamente all'esame della sua opera.
La sua tecnica pittorica, fortemente simbolica in quei tempi caratterizzati dall'alchimia, studiata in dettaglio dal Centre de recherche et de restauration des musées de France (C2RMF), rappresenta l'argomento di un capitolo redatto da uno dei suoi membri.
L'ultima parte dell'opera tratta dell'eredità di Grünewald.
Prefazione di Edoardo Villata.