Autore: Silvia Moro
Editore: Terra Nuova
Medicina e Salute

Uva ursina: un valido aiuto per l’estate

Chiamata anche uva dell’orso, questa pianta si colloca tra le droghe di uso più antico: il suo utilizzo risale addirittura alla preistoria.
Diffusa in gran parte della fascia circumboreale, Canada, Stati Uniti del Nord, Caucaso, Siberia ed Europa, trova la sua origine nelle regioni dei nativi nordamericani. Resti della pianta sono stati ritrovati nel sito archeologico dell’Isola Royale, nell’Oceano Atlantico di fronte alla Guyana francese; è curioso come in molte tribù lontane tra loro localmente e tradizionalmente, l’utilizzo della pianta fosse lo stesso: il legno per fare punteruoli, il carbone per colorare e le foglie e i frutti come medicine o erbe da fumare.
In realtà non esiste una netta differenza tra l’uso delle erbe come medicine e l’uso del fumo delle stesse che, infatti, veniva usato nelle cerimonie come rimedio per la malattia e per propiziare la guarigione; queste sono pratiche comuni ancora oggi.
L’utilizzo principale dell’Uva ursina, che poi è rimasto invariato nel corso dei secoli, è quello di antisettico delle vie urinarie e insieme veniva utilizzata anche come depurativo; i Navajo la usano come rimedio emetico e spesso troviamo questa pratica in molte popolazioni native americane, dove si ingerisce la pianta con grandi quantità di acqua per stimolare il vomito che dovrebbe eliminare il "susto" (sporcizia), ossia le tossine.
Le prime informazioni sulla pianta in Europa risalgono al 1200 nel Galles; passiamo poi alla sua descrizione nel 1601 da parte di uno dei più importanti botanici di quel tempo, Clusius. Nel 1788 entra a far parte della Farmacopea di Londra come astringente e antisettico urinario, mentre nei primi del ‘900 viene largamente riconosciuta in tutta Europa.

I principi attivi
Tra i vari principi attivi che caratterizzano l’Uva ursina, ce ne sono almeno 4 di fondamentale importanza. L’arbutina è il più importante in quanto ne determina l’azione antibatterica; prima di raggiungere le vie urinarie, questa sostanza percorre un lungo tragitto subendo delle trasformazioni nell’intestino e passando attraverso il fegato. Infine, quando si trova a contatto con i batteri dell’infezione, l’arbutina libera Vidrochinone antisettico, cioè la sostanza che effettivamente elimina i microbi.
Quest’ultimo processo è favorito dall’alcalinità delle urine, quindi nel caso di quei batteri che rendono l’ambiente basico come Proteus vulgaris o Klebsiella pneumoniae, l’uso di Uva ursina risulta più che mai appropriato, mentre nel caso di urine acide è bene basificare artificialmente.
I tannini sono l’altra classe di principi attivi peculiari di questa droga, che contribuiscono all’azione dell’idrochinone proteggendo le mucose delle vie urinarie e influenzando l’aderenza dei microbi all’epitelio; inoltre hanno qualità astringenti e bloccano le escrezioni e le secrezioni, attività che risulta utile in caso di diarrea e che spesso è associata proprio alla cistite.
Anche il piceoside e gli iridoidi lavorano in sinergia con l’arbutina, il primo agendo sui batteri poco sensibili all’idrochinone, mentre i secondi inducendo un’azione antinfiammatoria utilissima nelle infezioni di questo tipo, caratterizzate da forte bruciore. Ancora una volta abbiamo la prova di come il fitocomplesso sia molto più logico di un singolo principio attivo estrapolato e di come la sinergia dei componenti lavori a tutto tondo su di una patologia.
Un’altra azione importante ancora sotto studio è quella inibente l’enzima che converte la tiroxina in melanina; infatti l’Uva ursina viene spesso usata in cosmetologia come schiarente per le macchie cutanee e pare che l’arbutina applicata localmente abbia diminuito il contenuto di melanina delle cellule di un melanoma del 39%.

Indicazioni principali
La Commissione E tedesca ne consiglia l’uso in caso di disturbi infiammatori delle vie urinarie discendenti quindi cistite, gonorrea, uretrite, membrane del tratto urinario rilassate con perdita di muco e ulcerazioni, spasmi della vescica e litiasi renale. Sempre la Commissione E ne conferma l’azione contro importanti batteri come Ureplasma urealyticum, Mycoplasma hominis, Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa, Enterococcus faecalis e il fungo della Candida albicans.
L’Uva ursina, alla luce di tali informazioni, diventa una pianta fondamentale soprattutto per le problematiche femminili che investono non solo le vie urinarie ma tutta la zona pelvica, con infezioni che si estendono indifferentemente. A tale proposito è bene dire che suddette infezioni non sono da prendere alla leggera e che in caso di recidive è bene fare subito un’urinocoltura per vedere quali ceppi batterici sono interessati.

Cosa si trova sul mercato
Spesso viene associata a piante drenanti e come al solito l’importante è stare attenti alla grammatura e alle percentuali di principio attivo. Preparati a base di Uva ursina e Mirtillo rosso sono buoni in quanto anche il mirtillo è ricco di arbutina e quindi adatto al caso; oltretutto risulta meno ricco di tannini, sostanze che possono irritare lo stomaco e per le persone particolarmente sensibili diventa più appropriato.
Possiamo trovare sia l’estratto fluido delle foglie, sia le capsule con estratto standardizzato, ma sicuramente i rimedi più usati ed efficaci sono la tintura madre e le foglie in taglio tisana, che eventualmente si possono assumere insieme; infatti mentre la tintura è più ricca di arbutina e risulta particolarmente antisettica, con il decotto si estrae molto più tannino, che aumenta l’idrofobicità dei batteri facendoli diventare più deboli ad ogni passaggio di urina sulla mucosa.
Sempre col decotto è possibile fare dei semicupi recuperativi post-partum o delle docce vaginali in caso di leucorrea o simili.
È importante ricordare che insieme alle infezioni delle vie urinarie, si riscontra molto spesso uno squilibrio delle flore batteriche intestinali, quindi è bene associare all’Uva ursina dei probiotici (fermenti lattici) adeguati al tipo di disbiosi intestinale. Per qualunque tipo di preparazione farmaceutica si usi, poi, è fondamentale basificare le urine ingerendo una piccola quantità di bicarbonato di sodio e sostituendo cibi acidificanti, come carne, uova e formaggi con cibi alcalinizzanti come le verdure e la frutta (soprattutto carote, cavolfiore, zucchine e uva).
Le foglie di Uva ursina, inoltre, si possono usare come cataplasma insieme alle foglie di Noce sulle dermatiti infiammatorie e sulle micosi.

Controindicazioni
Nonostante recenti studi ne confermino la maneggevolezza senza effetti collaterali, è bene attenersi alle informazioni date dalle fonti ufficiali, che sconsigliano l’uso prolungato di Uva ursina, massimo per 10 giorni. Successivamente è opportuno passare a piante più delicate come la Pilosella o la Verga d’oro.
Controindicata in gravidanza, dove pare stimoli la contrazione uterina, e in allattamento.
È da evitare in caso di grave compromissione della funzionalità renale e non va associata ad altre piante che possono irritare le vie urinarie come Ginepro (ad eccezione del macerato glicerinato), Cubebe e Sandalo.