Autore: Claudio Gregorat
Scritti di Claudio Gregorat

Il necessario, il possibile e l’impossibile

I due pensieri di Francesco d’Assisi, che ora presentiamo, sono a tutta prima così enigmatici ma anche concreti, che vogliamo qui ten, tarne un approfondimento.
"Fa prima il necessario, poi il possibile, così ti accorgerai che hai fatto… l’impossibile!"
"Signore, dammi la forza per sopportare le cose che non posso cambiare; il coraggio per cambiare le cose che posso cambiare; e la serenità per distinguere le une dalle altre".
Goethe nel secondo Faust fa dire alla veggente Manto:
"Amo chi aspira all’impossibile"
e nelle Massime in prosa:
"Vivere nell’idea significa considerare l’impossibile come se fosse possibile ".
Rudolf Steiner in Scienza occulta precisa:
"A questa richiesta può dare soddisfazione soltanto chi prima si sia educato a ‘desiderare ciò che è possibile, e così facendo, si sia reso capace di trattare l’impossibile mediante una forte volontà, m modo da ‘renderlo possibile’".
Tentiamo ora di orientarci un po’. Innanzitutto i termini del discorso sono:
– il necessario
– il possibile
– l’impossibile
Ad esempio, quando generalmente si dice, per  un’impresa non riuscita,  che è stato fatto tutto il possibile, bisognerebbe forse chiedersi, più appropriatamente,  se è stato fatto tutto il necessario.
Allora si scoprirebbe, con meraviglia, che gli atti  di omissione" che continuamente si com-
Piono, sono veramente tanti e a tutti i livelli, dal più banale al più importante. Se si esaminano i propri intenti e propositi, che poi si traducono in azioni, si scoprirà ben presto che non tutto "il necessario" è stato compiuto, e che si è stati sempre un tantino al di sotto di una realizzazione completa.
La necessità ha in sé varie caratteristiche: prima fra tutte l’essenzialità, poi se è improrogabile oppure opinabile; se urgente o procrastinabile; vitale o secondaria, e così via.
Possiamo dire che il necessario è essenziale quindi tutto il superfluo – o non-essenziale – va accantonato e rimandato. Ma con questo andiamo incontro ad un grosso problema di tutti gli uomini. Quante cose non si fanno senza operare las minima distinzione fra “essenziale-primario” e “non essenziale-secondario”!
Quindi, se non si considera il “necessario come essenziale” esso verrà
compiuto senza una precisa determinazione temporale – ammesso che non vi siano scadenze – ed in modo piuttosto sognante.
Molto poi dipende dal temperamento, il quale si pone come lo strumento più adatto per l’azione nella vita; ma al contempo quello che crea i maggiori ostacoli.
Vediamo ora il comportamento generico dei vari temperamenti:
– sanguinico – sem pre positivo e disponibile, affronta con entusiasmo qualunque impresa
lo interessi. Ma non gli è consentito di portarla a termine secondo necessità poiché un’altra impresa tosto si affaccia e questa è beninteso più interessante della prima, e così via, per cui il necessario non viene mai compiuto: un angolino, un piccolo particolare viene sempre trascurato e 1 impresa mai portata a termine.
-collerico – carattere di iniziativa volontaria e pronta decisione. Ma così non si sofferma abbastanza sui particolari: – calpesta le formiche usava dire una nostra amica – e così la sua azione è sovente precipitosa e non maturata abbastanza. Va fatto oggi, e subito, quel che si potrà fare domani è il suo motto. Lontana quanto mai l’obiettività di giudizio.                                                       
Ma, poniamo, che in un individuo questi due poli si incontrino : allora avremo la fantasia unita alla pronta decisione, per cui i risultati saranno sicuramente eccellenti. Ma nei riguardi del necessario rimarrà sempre una certa carenza, per le disposizioni innate dei due opposti temperamenti.
-flemmatico – No, è sempre meglio rimandare a domani (domani secondo l’uso mediorientale, che significa, da ora in avanti: àvrio” dicono i greci e”boukra” gli arabi) quello che si può fare oggi – quindi tempi lunghissimi per decisioni che non verranno mai prese. E il necessario? che cosa vuol dire necessario? tutto e niente lo è! lasciamo aperto il problema e poi vedremo.
– malinconico – la grande serietà del soggetto, lo conduce a considerazioni senza fine. Difatti quando parla di sé inizia sempre dalla nascita, per arrivare ad oggi e al punto in questione.  Il necessario? ma cosa lo e più della vita che è dolore?
Potrebbe essere un aristotelico-scolastico, per la finezza dei suoi argomenti, i quali, non giungono quasi mai ad una conclusione;  quindi il necessario annega in un mare di consi-
derazioni  varie, dove, ovviamente l’essenzialità si perde. È capace di contare i grani del rosario e, scoperto che uno è sbrecciato, sostenere caparbiamente che il rosario non si può dire.
Allora cosa fare? Innanzitutto non lasciarsi determinare dal temperamento, vale a dire dal corpo eterico, ma ricondurre tutto all’IO il quale si assume la piena responsabilità del caso.
Primo passo: educazione severa del pensare. Un difetto molto frequente è il non andare fino in fondo col pensare. Cioè si compie un determinato tragitto di pensiero per realizzare qualcosa, ma tale tragitto non giunge fino alle ultime conseguenze: interrompendosi a metà non realizza tutto il necessario-essenziale ma solo una parte.
Conosciamo bene 1’ avvertimento della scienza dello spirito che suona: distingui dapprima 1’ essenziale dal non-essenziale e poi agisci. È evidente che il pensare non è stato educato ad andare fino in fondo al tema in esame: il primo degli esercizi fondamentali lo educa proprio in questo senso. Dal che si deduce che anche per realizzare il necessario è opportuna una disciplina del pensare, in modo che esso venga chiaramente visualizzato dalla a alla zeta!
Il necessario-essenziale è anche ineluttabile in quanto ha le sue leggi ferree: ogni libertà è esclusa. Esempi semplici e ovvii:
– la morte del corpo è necessaria per consentire lo sviluppo equilibrato dell’io attraverso le varie incarnazioni: quindi per mezzo di tanti corpi diversi
– il male è necessario in quanto formatore della anima di coscienza: senza il suo impatto formatore, essa non si realizza
– per la vita del corpo è necessario che esso si nutra – magari anche solo pane e acqua come per i galeotti – e dorma.
Il necessario ha ancora due aspetti: uno interiore e l’altro esterno:
– interiore – secondo l’ottica francescana, ad esempio, sono assolutamente necessari il digiuno, l’orazione, la povertà, l’obbedienza, la castità,
– esterno – la compassione e l’aiuto ai malati e bisognosi. Secondo la regola benedettina, il lavoro, l’orazione comune e il canto.

Venendo a noi, ognuno dovrebbe coscientemente stabilire cosa per lui è il necessario da condurre a termine in ogni modo. Ad esempio, per un indagatore dello spirito, l’ascesi mistica consiglia vari  atteggiamenti a  sostituzione di  vecchie  abitudini,  fino al consegui-
mento  di abitudini elette, quindi del tutto coscienti. Esse potrebbero essere:
– l’equilibrio fra vita interiore ed esteriore, porrebbe come necessarie alcune pratiche ascetiche – in senso moderno naturalmente – quale ponte fra il mondo sensibile e quello spirituale: quindi prima del sonno e dopo il risveglio. I due mondi sono talmente diversi, per cui un ponte si rende del tutto necessario. Così ogni discepolo si formerà una serie di pratiche meditative atte per i due momenti, secondo le sue particolari disposizioni ed aspirazioni: col tempo divengono “abitudini elette”.  Il corpo eterico ne viene  fondamen-
talmente mente modificato
– poi durante la giornata, le sue aspirazioni spirituali lo inducono ad altre pratiche mistiche di autoeducazione scandite ritmicamente durante la giornata, le quali, col tempo, divengono le “abitudini elette” necessarie per l’equilibrio, salute dell’anima e rafforzamen-
to dell’io.
Ora dobbiamo considerare che, mentre per una persona normale tutto questo non ha quasi alcun senso, per il discepolo invece sono le necessità imposte dalla disciplina e accettate, anzi richieste, spontaneamente e liberamente.
Se facciamo il caso di un atleta, il senso appare chiaro. Difatti l’allenamento, l’esercizio in
palestra e sul campo, sono per lui una  necessità  inderogabile in vista di un certo risultato: necessità imposta dalla disciplina sportiva stessa. Qui è il risultato che conta e spinge l’atleta all’esercitarsi, mentre per l’autoeducazione interiore, l’esercizio è fine a se stesso, non dovendo nutrire alcun’idea di un qualunque risultato. Educazione severa del corpo ed educazione severa dell’anima.
Un ottimo esempio lo abbiamo in  Pietro Mennea, velocista centometrista, che anni fa vinse un primato ritenuto impossibile per lui, a fianco dei velocisti americani. Ora egli si era preparato facendo tutto il necessario. Da qui la speranza di una possibile vittoria, proprio per aver lavorato sul necessario fino in fondo. Dalla sua vittoria poi è emerso che, a volte, quando si lavora con forte volontà e determinazione – e questo era proprio il caso di Mennea – anche l’impossibile diventa possibile. Esempio chiarissimo.
Che dire delle conquiste della tecnica, dell’invenzione, della fantasia? ricordiamo le discussioni  degli anni ‘50 sulla possibilità di porre il piede sulla Luna. I puristi affermavano che la divinità lo avrebbe impedito, dato che sarebbe stata una profanazione dei cieli: era senz’altro impossibile.
Oggi la clonazione rende possibile una riproduzione tecnica dell’uomo,  giudicata  impos-
sibile fino a poco tempo fa. Lo stesso vale per i trapianti di organi: un uomo sta per morire, ma ecco che trapiantandogli l’organo oramai inefficiente, può continuare a vivere.
Possiamo ora dire che, forse, l’impossibile non esiste, basta fare tutto il necessario, come è stato fatto.
Qui va chiarito in modo preciso che quanto ora detto riguarda soltanto il percorso tenuto, in quanto il risultato non ha alcuna giustificazione morale. Non è necessario andare sulla Luna, come poi si è visto. Non sono necessari la clonazione o i trapianti. Sono tutti risultati ottenuti grazie ad una sofìsticatissima tecnica – di carattere arimanico, come sappiamo – che ha lo scopo ultimo, anche se tenuto celato oppure inconscio, l’immortalità fìsica: come d’altra parte affermano chiaramente i raeliani.

La seconda frase di Francesco d’Assisi trova chiarificazione da tutto quanto detto. Il coraggio di cambiare le cose si ha nel fare dapprima tutto il necessario, dopo di che le cose cambiano quasi da sole, per la sola forza del coraggio impiegato. Le cose che non si possono cambiare sono quelle sottoposte alla legge ferrea della necessità, per le quali è opportuno avere soltanto sopportazione.
La frase della veggente Manto indica che è degno di amore-ammirazione chi ha il coraggio innanzitutto di fare il necessario: cosa tutt’altro che semplice.
La massima del platonico Goethe chiarisce molto bene che nel mondo dell’Idea vive la possibilità di realizzare l’impossibile. E come dire che la immaginazione morale consente di affrontare l’impossibile, certo. In quanto poi a  realizzarlo concretamente, bisogna aggiun-
gere il fare il necessario nel mondo dei sensi, delle cose concrete.
Rudolf Steiner conferma questa nostra visione del problema. Innanzitutto viene richiamata una forte volontà nel desiderare ciò che è possibile: e sulla forte volontà abbiamo già fatto delle considerazioni. Ora possiamo però aggiungere: solo dopo aver compiuto il necessario.
Non si tiene abbastanza conto della metamorfosi interiore che si viene a produrre nel compiere tutto il necessario. Essa è tale da consentire di guardare il possibile come a portata di mano. E siccome la metamorfosi compiuta significa una trasformazione interiore, di coscienza, questa ora consente di trattare l’impossibile in modo da renderlo possibile. Lo sguardo interiore si colloca molto al di là del possibile.
Vorremmo ancora insistere sulla trasformazione interiore che si attua durante il percorso per attuare il necessario: è una sorta di iniziazione inconscia.
Facciamo un esempio, un grande esempio, in quanto infiamma l’anima e la tende verso la realizzazione del dovuto necessario. I piccoli, banali esempi tratti dalla vita quotidiana, non hanno la medesima presa sull’anima. L’esempio è Parsifal. Come puro folle, ingenuo e insignificante, non avrebbe potuto nemmeno immagina la possibilità di divenire re del Graal: quindi assolutamente impossibile. Ma la sua vita poi segue chiaramente un’iniziazio-
ne per mezzo della “compassione”, che lo trasforma completamente e lo porta ad attuare su di sé tutto il necessario fino a giungere a considerare il confronto con Klingsor come possibile. Raggiunge così l’impossibile: l’eliminazione di Klingsor, la salvazione di Amfortas, il riscatto di Kundry e, di conseguenza, divenire Re del Graal.
Per concludere vogliamo dire che tutto il discorso potrebbe sembrare alquanto teorico, ideale: invece no, è assolutamente pratico.
Trasferiamoci nella vita quotidiana e osserviamo pacatamente e onestamente il nostro agire: troveremo che il più delle volte non compiamo affatto il necessario. E quindi è del tutto superfluo parlare di possibile.
L’impossibile poi è tale secondo il senso della parola stessa, quindi non ci pensiamo neppure. Però talvolta ci sorprendiamo nel constatare che, in effetti, abbiamo compiuto qualcosa che, a tutta prima, ci sarebbe parso impossibile: ed ora eccolo lì realizzato. Cosa può essere accaduto?
Esaminando a ritroso il nostro operato, ritroveremo i passi secondo il processo trattato in queste considerazioni. Cioè, prima abbiamo compiuto seriamente tutto il necessario, che ci porta a poter affrontare serenamente il possibile. E poi, al termine dell’impresa, constatare che siamo riusciti a compiere quanto, in un primo tempo, ci pareva impossibile